Come sarà la nuova Conferenza dei servizi: telematica e con tempi certi

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Secondo indiscrezioni si svolgerà per lo più in modalità online, con limite massimo di 60 giorni per la decisione finale e meccanismo di silenzio-assenso qualora le amministrazioni non si esprimano.
“Porteremo in Consiglio dei ministri prima di Natale il decreto legislativo di riforma della conferenza dei servizi”.

Lo aveva annunciato il ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Marianna Madia, durante il question time del 10 dicembre scorso al Senato.

Nonostante non si sia concretizzata la tempistica annunciata dal ministro Madia, sembra ormai imminente l’emanazione del provvedimento che rappresenta uno degli attesi decreti attuativi della legge n. 124/2015 di riforma della pubblica amministrazione.

Secondo indiscrezioni di stampa, la nuova Conferenza dei servizi sarà per lo più “telematica”, nel senso che i documenti necessari per l’esame dei procedimenti amministrativi saranno inviati per posta elettronica, senza riunioni fisiche. Nei casi di particolare complessità delle decisioni, o in cui sono previste modifiche progettuali significative che richiedono una ulteriore valutazione da parte delle amministrazioni interessate, si potranno svolgere riunioni tradizionali anche in modalità online.

È prevista la possibilità della partecipazione alla conferenza di un solo rappresentante per amministrazione. Scatta il silenzio-assenso qualora le amministrazioni non si siano espresse; inoltre viene fissato a 60 giorni il tetto per le decisioni finali.

Le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistica, territoriale e storico-artistica, nonché alla tutela della salute e della incolumità pubblica, potranno presentare alla presidenza del Consiglio una opposizione contro le decisioni adottate – entro 10 giorni al massimo – dalla conferenza di servizi. Se non si riesce a superare i dissidi entro 15 giorni, decide il Consiglio dei ministri entro un termine massimo di 150 giorni. Al CdM possono prendere parte i governatori delle Regioni interessate o i presidenti delle Province autonome interessate.

“Per fare uno stesso intervento, spesso in ognuno degli 8.000 Comuni chiedono autorizzazioni diverse, danno la possibilità al cittadino di chiedere autorizzazioni attraverso moduli disparati, non standardizzati, che a volte non necessitano di autorizzazione espresse e prevedono la possibilità di farlo con la SCIA, quindi con segnalazione certificata di inizio attività, salvo poi richiedere insieme alla SCIA tante altre autorizzazioni”, ha ricordato il ministro Madia nel corso del question time al Senato. “È in questa giungla che ci muoviamo con una parte importante di deleghe, che vanno dalla Conferenza dei servizi (decreto legislativo che porteremo in Consiglio dei ministri prima di Natale), alla delega che deve chiarire una volta per tutte cosa si può fare con segnalazione certificata di inizio attività e cosa invece necessita di autorizzazione espressa, passando però per una standardizzazione delle autorizzazioni, per una modulistica unica e per un unico punto di contatto tra cittadino, impresa e amministrazione, in modo che si semplifichi tutta la giungla delle autorizzazioni”.

“Sottolineo – ha aggiunto Madia – che noi tutto questo lo facciamo senza introdurre nuovi istituti giuridici. In questa riforma, e a maggior ragione negli importanti interventi attuativi che portiamo avanti sulle autorizzazioni, non introduciamo nuovi istituti giuridici, ma, dopo un attento confronto con i cittadini, le imprese e le diverse realtà territoriali, agiamo modificando profondamente i blocchi che ci sono stati negli attuali istituti giuridici e negli attuali meccanismi delle autorizzazioni per fare in modo che non si rimanga più ostaggio di incertezze dovute a eccessive complicazioni.”

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