Parte il nuovo catasto, decreto pronto. Rivoluzione per 63 milioni di case

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Un algoritmo rivedrà il valore delle abitazioni avvicinandolo ai prezzi di mercato In cinque anni addio a classi e categorie, ma già si temono errori e imposte raddoppiate
Se ne parla da settant’anni, e forse ci siamo. La riforma del catasto è pronta a decollare, ma per i proprietari di 63 milioni di case il pericolo c’è. Se non calibrata con attenzione, la riforma rischia di generare il caos, visto che in alcuni casi i valori potrebbero raddoppiare dall’oggi al domani e con essi le tasse. Non a caso il presidente dell’Anci Piero Fassino, in attesa di vedere il decreto, rivendica per i Comuni “la piena titolarità della riforma”, perché i “sindaci conoscono il territorio e possono assicurare equità fiscale ed efficienza”.

Il ministero dell’Economia ci lavora da settimane, il testo del primo dei decreti legislativi, previsti dall’articolo due della delega fiscale, è a buon punto. Al centro, la rifondazione delle commissioni censuarie, nate nel lontano 1886, oggi esistenti solo sulla carta, di fatto non operative. Eppure cruciali nella definizione del nuovo catasto che da qui a cinque anni, basandosi sui metri quadri e non più sui vani, ridisegnerà l’assetto immobiliare italiano. Perché saranno proprio queste commissioni a “validare” i nuovi algoritmi, in pratica le funzioni statistiche, destinate a calcolare ex novo le rendite catastali e soprattutto il “valore medio ordinario” di tutti gli immobili in Italia, spazzando via le tariffe d’estimo che oggi si traducono in categorie e classi. Un’operazione davvero epocale che coinvolgerà statistici, geometri, ingegneri. Ma soprattutto Agenzia delle entrate e

Comuni.

A breve dunque il decreto sarà valutato dalle commissioni di Camera e Senato. Anzi per rendere l’iter più snello è stata creata una commissione ristretta paritetica informale, guidata dal senatore pd Mauro Marino, di fatto chiamata a scrivere assieme al governo, entro marzo 2015, i trenta decreti attuativi della delega fiscale. È la prima volta che succede in Italia e lo scopo è andare spediti. Non solo con la riforma del catasto, ma per tutti gli altri capitoli della delega, dalla revisione del sistema fiscale alle dichiarazioni dei redditi precompilate, dalla lotta all’evasione al contrasto d’interessi.

Scopo del primo decreto è dunque quello di ridare dignità alle 107 commissioni censuarie provinciali (più quella centrale), organismi quasi defunti: alcune non si riuniscono da oltre quindici anni e per i contenziosi si va alle commissioni tributarie. Saranno ridefinite le competenze e il funzionamento. Se ne dovrà stabilire anche l’assetto istituzionale, ora che le Province vengono svuotate. E la composizione muterà con l’ingresso di tecnici e docenti qualificati, esperti di statistica e di econometria, rappresentanti di Agenzia delle entrate e degli enti locali, magistrati. Il compito principale delle commissioni sarà quello di approvare l’algoritmo. Quella funzione statistica che sfornerà il nuovo “valore medio ordinario”, grazie ai coefficienti che si sceglieranno, tenendo conto del valore di mercato della casa al metro quadro nell’ultimo triennio, ma ad esempio anche la localizzazione, la presenza di servizi nel quartiere, l’esposizione, l’affaccio, l’ascensore, lo stato di manutenzione, l’efficienza energetica. E lo farà per ogni “ambito territoriale”, tutto da definire (quartieri, strade, comuni…).

“È impensabile che con la riforma si possa azzerare l’iniquità attuale, ma la ridurremo di molto”, assicura Gianni Guerrieri, direttore centrale dell’Osservatorio del mercato immobiliare. “Il nuovo catasto sarà non solo più equo dal punto di vista fiscale, ma più dettagliato, preciso, efficace, trasparente. E dunque potrà migliorare nel tempo, fino ad eliminare del tutto anche l’iniquità residua”. Questo perché l’algoritmo può essere corretto e aggiornato. Pensare però che i futuri valori delle case replicheranno quelli di mercato, sembra errato. “Lo scopo non è quello”, spiega ancora Guerrieri, a capo di un’équipe di lavoro presso l’Agenzia delle entrate. “Ma far sì che quel rapporto sperequato oggi esistente – in media il valore di mercato è tre volte quello catastale – sia quantomeno uguale per tutti. Al contrario, oggi per alcuni è dieci volte, per altri uno. E la conseguenza è che nel primo caso le tasse sono assai basse e magari si vive nei centri storici, nel secondo alte e si sta in periferia”.

I cinque anni previsti dall’Agenzia delle entrate per riformare il catasto potrebbero però essere ridotti a tre. “Abbiamo fatto delle simulazioni, presentate in audizione anche alla Camera, il nostro Consiglio nazionale dei geometri ha aperto un tavolo di studio e siamo convinti di farcela in un triennio”, insiste Mirco Mion, presidente Agefis, l’associazione dei geometri fiscalisti. “Il 70% delle vecchie abitazioni è accatastato con vani. In questi casi occorrono stime dirette per valutare i metri quadri, cardine della riforma. E i 107 mila geometri italiani potrebbero essere assai utili alla causa, come tecnici esperti interlocutori di Comuni e commissioni censuarie. Tra l’altro mi auguro che queste commissioni siano davvero indipendenti. Dare l’ok a funzioni statistiche male impostate, produrrà solo caos e ricorsi”.

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