È danno erariale se le retribuzioni accessorie non hanno fondamento legislativo

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Con un interessante sentenza, la n. 9 del 14 gennaio 2014, la sezione giurisdizionale Emilia Romagna della Corte dei conti ha condannato i componenti della Giunta regionale per responsabilità erariale, avendo corrisposto a dirigenti apicali, da loro stessi direttamente nominati, “retribuzioni di risultato e di coordinamento”, prive di fondamento legislativo.
La Corte ha accertato non solo la violazione del principio di onnicomprensività della retribuzione, ma anche l’assenza di qualsivoglia collegamento della retribuzione in parola con l’ordinario ciclo annuale “programmazione – definizione degli obiettivi – gestione – valutazione dei risultati”. Dall’analisi compiuta dalla Corte, infatti, è emerso che le schede di valutazione poste a fondamento degli emolumenti erano caratterizzate da atecnicità e vaghezza della rappresentazione degli obiettivi di coordinamento, ma anche dall’assenza di indicatori di performances. Le valutazioni formulate, pertanto, sono apparse prive di reale significatività nel raggiungimento dei risultati e prive di un’adeguata giustificazione nel merito e nella premialità, con conseguente grave violazione del principio di buon andamento.
Ulteriore elemento accertato dalla Corte ai fini della responsabilità amministrativa, riguarda la mancata copertura dei suddetti emolumenti con risorse incluse nel fondo per la retribuzione di posizione e di risultato, previsto dagli artt. 26 e seguenti del Ccnl 23 dicembre 1999.
Sul punto, la stessa Aran ha precisato che il comma 3 dell’art. 26 del Ccnl “consente un adeguamento delle disponibilità del fondo per la retribuzione di posizione e di risultato in presenza di processi di riorganizzazione, con o senza incrementi della dotazione organica, che abbiano prodotto un effettivo accrescimento del livelli qualitativi e quantitativi dei servizi esistenti, ai quali sia correlato un ampliamento delle competenze, con incremento del grado di responsabilità e di capacità gestionale della dirigenza rispetto allo standard preesistente”.
Ne deriva che per la corretta applicazione della norma in parola, al fine di implementare, a dotazione organica invariata, le risorse destinate al finanziamento della retribuzione di posizione dei dirigenti, è richiesta l’effettiva attivazione di nuovi servizi o processi di riorganizzazione finalizzati ad un reale e verificabile accrescimento dei livelli qualitativi e quantitativi dei servizi esistenti, ai quali sia correlato un ampliamento delle competenze, con incremento del grado di responsabilità e di capacità gestionale della dirigenza. La norma dunque consente, allorché si verifichino le predette ipotesi, esclusivamente di incrementare le risorse del fondo e non già di creare nuove indennità o derogare ai presupposti per l’attribuzione di indennità già previste, senza una copertura del Fondo ex art. 26 del Ccnl.
La Corte ha concluso affermando la responsabilità erariale, sussistendo altresì l’elemento psicologico della colpa grave, in quanto il comportamento posto in essere dai membri della Giunta si è concretizzato in evidenti violazioni degli elementari e consolidati principi che governano il sistema retributivo della dirigenza pubblica. Più precisamente si tratta dei principi di onnicomprensività della retribuzione dirigenziale, della tipicità e tassatività dell’indennità, queste ultime volte a remunerare le prestazioni accessorie come definite dalla contrattazione collettiva nazionale e del riconoscimento della retribuzione di risultato all’esito di processi di valutazione dei risultati dell’attività dirigenziale in relazione ad obiettivi previamente stabiliti, chiari, concreti e misurabili sulla base di specifici indicatori di performance, con conseguente assoluto divieto di corresponsione generalizzata di emolumenti accessori.

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