Batosta ai sindaci anti slot machine. Roma taglia i fondi a chi non le vuole

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Slot machine, il Senato punisce gli enti che ne limitano la diffusione: meno trasferimenti statali per compensare i minori introiti fiscali dalle macchinette mangiasoldi. Regione e Comuni in rivolta, con le associazioni.

«A che gioco giochiamo?» si chiede Daniela Capitanucci, presidente onorario dell’associazione And, che ha radunato 23 Comuni attorno ad un manifesto anti-slot. L’emendamento pro-slot introdotto al Senato provoca una vera e propria sollevazione nei territori. Il governatore Roberto Maroni è perentorio: «Una bastonata ai sindaci e alle regioni che combattono il gioco d’azzardo».

La Lombardia ha introdotto limitazioni urbanistiche alle sale gioco e una differenziazione dell’Irap per favorire gli esercizi che rinunciano ai guadagni delle slot: ora rischia di dover pagare con minori trasferimenti statali questa scelta.

Il presidente della commissione sanità Fabio Rizzi è durissimo: «La Lombardia va in una direzione di tutela dei cittadini dalle ludopatie e dallo sperpero di denaro che mette sul lastrico le persone, mentre il solito Governo lobbysta fa l’opposto per garantire gli introiti fiscali e quelli delle società del gioco d’azzardo. Si puniscono gli enti locali vicini ai cittadini per favorire i poteri forti, spero che ora i cittadini prendano atto di questa situazione».

Il suo collega Angelo Ciocca invoca «una mozione di censura» in consiglio regionale contro quello che sembra uno sgarbo nei confronti di quelle regioni, come la Lombardia, che hanno legiferato in materia di gioco d’azzardo.
Chi opera sul territorio fatica a crederci: «Un emendamento allucinante – lo choc di Capitanucci – Pochi giorni fa il Governo non impugnava la legge regionale della Lombardia che pone un freno alle slot, di fatto legittimandola, e ora arriva questo provvedimento che danneggia gli amministratori che provano ad arginare il fenomeno».

«Ora vogliamo vedere nomi e cognomi di chi ha approvato quell’emendamento, devono essere esposti pubblicamente visto che prendono posizioni così sfavorevoli».
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