Il Mef «resuscita» Tosap, Cosap e pubblicità


Il dipartimento Finanze mette una pezza a una dimenticanza della politica e con la risoluzione 1/Df/2015 diffusa ieri fa rivivere le vecchie tasse, canoni e imposte su occupazione del suolo pubblico, pubblicità e pubbliche affissioni. L’intervento ministeriale chiude un buco da almeno un miliardo all’anno, ma visto che questi soldi devono arrivare dai contribuenti servirà forse far seguire a questo primo passo un nuovo puntello normativo per evitare una nuova ondata di carte bollate: le occasioni del resto non mancano, a partire dal milleproroghe in corso di conversione alla Camera (ieri sono state respinte le pregiudiziali di costituzionalità).

Il problema nasce infatti proprio da una mancata proroga (segnalata sul Sole 24 Ore del 23 dicembre scorso), perché a differenza dello scorso anno la legge di stabilità non si è preoccupata di confermare anche per il 2015 i vecchi sistemi di prelievo su occupazione del suolo pubblico e pubblicità. Queste voci, che oltre a Tosap e Cosap comprendono infatti anche l’imposta sulla pubblicità, il diritto sulle pubbliche affissioni e il canone per l’autorizzazione all’installazione dei mezzi pubblicitari (Cimp), sarebbero dovute uscire di scena dal 1° gennaio scorso, per essere sostituite dall’«Imu secondaria» prevista dal federalismo fiscale nel 2011 ma mai attuata. La manovra si è concentrata prima sulla «local tax», che con il canone unico avrebbe superato il problema, ma dopo il temporaneo accantonamento della riforma non si è preoccupata troppo delle conseguenze.

Per partire davvero, e arricchire la già fitta lista di acronimi del Fisco locale, l’«Imus» avrebbe però bisogno di un regolamento applicativo (lo chiede l’articolo 11 del Dlgs 23/2011, il provvedimento sul «federalismo municipale» che l’ha istituita) con la «disciplina generale» della nuova imposta, la sua articolazione a seconda del tipo di occupazione, della classe demografica del Comune e così via.

Senza questo provvedimento, argomenta il dipartimento Finanze in risposta a un quesito dell’Anacap (l’associazione che riunisce le aziende concessionarie dei servizi di riscossione degli enti locali), l’Imu secondaria non può partire, perché i Comuni hanno un’autonomia tributaria, ma questa può esercitarsi solo nei limiti fissati dalla legge statale (articolo 52 del Dlgs 446/1997). Se l’Imu secondaria non può partire, i vecchi tributi non possono andare in pensione, anche perché a differenza dell’imposta di soggiorno (che i Comuni hanno potuto istituire anche senza decreto attuativo) questi prelievi sono obbligatori.

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