D.L. 16/2014, articolo 4, la sanatoria dei contratti decentrati illegittimi degli enti locali

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Con la legge 68 del 2 maggio 2014 è stato definitivamente convertito il decreto legge n°16 del 6 marzo 2014, l’articolo 4 di tale decreto detta delle misure conseguenti al mancato rispetto di vincoli finanziari posti alla contrattazione integrativa e all’utilizzo dei relativi fondi. Ai sensi di questo articolo, le regioni e gli enti locali che non hanno rispettato i vincoli finanziari che sono posti alla contrattazione integrativa decentrata aziendale hanno l’obbligo di recuperare, per intero, le risorse finanziarie attribuite in maniera illegittima ai propri dipendenti, sia che appartengano alla qualifica dirigenziale che a quella non dirigenziale, direttamente dal fondo per le risorse decentrate. Da tale disposizione normativa deriva la conseguenza che i dipendenti degli enti locali che abbiano percepito illegittimamente delle somme a titolo di salario accessorio non rispondono di quanto ricevuto illegittimamente, il recupero delle risorse, invece, dovrà essere fatto sul fondo per le risorse decentrate, sarà compito delle amministrazioni pubbliche locali incidere sull’entità del fondo. Le somme attribuite illegittimamente debbono essere recuperate da quelle destinate negli anni a venire alla contrattazione decentrata e devono essere riassorbite gradatamente, con delle quote annuali, e per un periodo massimo pari a quello nel quale si è verificato il mancato rispetto dei vincoli. Naturalmente poiché il recupero deve tenere conto del periodo di prescrizione del credito, il limite temporale massimo del recupero si riferisce al quinquennio precedente e dovra essere fatto entro i successivi cinque anni. La norma, che cerca di risolvere, in maniera soft, il problema del recupero nei confronti del singolo dipendente, non tiene in considerazione alcuni effetti che si potrebbero produrre sulla quantità di risorse del fondo, distribuibile negli anni successivi. Nel corso degli anni gli enti locali hanno utilizzato le risorse stabili del fondo decentrato per la copertura del costo delle progressioni, la contrattazione di livello nazionale ha invece inserito sul fondo delle risorse decentrate le indennità di comparto, tali comportamenti hanno ridotto al minimo se non annullato l’elasticita di utilizzo del fondo nella parte stabile. Il rischio concreto è che le amministrazioni locali, per dover sanare gli errori pregressi, si trovino nella situazione di non essere in grado di pagare le indennità accessorie, ivi comprese quelle che sono previste stabilmente in busta paga come ad esempio l’indennita di comparto. Si potrebbe arrivare a situazioni paradossali nelle quali i trattamenti corrisposti illegittimamente rischierebbero di annullare lo spazio per l’attribuzione delle retribuzioni legittime, dovendo azzerare indennita legate alle condizioni di lavoro quali il disagio, il rischio, il turno, il maneggio del denaro, ponendo in una situazione di precarietà alcuni servizi e funzioni legate a tali indennità. Le amministrazioni si troverebbero inoltre in una grave situazione organizzativa non potendo obbligare i propri dipendenti a svolgere delle funzioni per le quali, per contratto, è prevista la corresponsione di tali indennita. Allo stesso modo, in assenza di risorse, l’ente si troverebbe costretto a rinunciare alle politiche di incentivazione del personale che rappresenta uno dei primi obiettivi del d.lgs. 150/2009. L’obbligo del recupero delle risorse concesse è indirizzato a tutto l’universo degli enti locali che le abbiano illegittimamente attribuite. Per gli enti che hanno rispettato il patto di stabilità, oltre all’obbligo di incidere sul fondo delle risorse decentrate, è data la possibilità di recuperare le risorse anche attraverso l’utilizzo dei risparmi effettivamente derivanti dai piani di razionalizzazione previsti dal d.l. 16/2014 e di contenimento della spesa derivante dall’attuazione dell’articolo 16, commi 4 e 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98. Un’ulteriore sanzione, a carico delle amministrazioni locali, è posta dalla disposizione che prevede che, nel caso di mancato rispetto dei vincoli alla contrattazione, gli enti devono adottare misure di razionalizzazione organizzativa che garantiscano la riduzione delle dotazioni organiche entro i parametri definiti dal decreto del ministro dell’interno e validi per gli enti in condizioni di dissesto così come previsto dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 all’articolo 263. Al fine di conseguire l’effettivo contenimento della spesa, alle unità di personale eventualmente risultanti in soprannumero all’esito dei piani obbligatori di riorganizzazione si applicano le disposizioni previste dall’articolo 2, commi 11 e 12, del decretolegge del 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge del 7 agosto 2012, n. 135, nei limiti temporali della vigenza della predetta norma. Gli enti possono: a) coprire, con il personale in sovrannumero, i posti vacanti di altre aree; b) individuare i dipendenti che possiedono i requisiti pensionistici antecedenti la riforma Fornero e risolvere in maniera unilaterale il rapporto di lavoro nei loro confronti; c) avviare le procedure di cui all’articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e cioè coprire i posti vacanti presso altre pubbliche amministrazioni. Per quanto riguarda il personale non riassorbibile, nei tempi e con le modalita precedenti, le amministrazioni debbono dichiarare l’esubero. Le riduzioni del personale così effettuate non possono essere considerate, in nessun modo, come risparmio utile per la definizione dell’ammontare delle disponibilità finanziarie da destinare alle assunzioni o il numero delle unita sostituibili in relazione alle limitazioni dell’avvicendamento del personale dipendente (turn over). Viene così compromessa anche la futura capacità di assunzione del singolo ente con riflessi negativi sulla sua autonomia organizzativa. La norma continua all’articolo 4 comma terzo stabilendo che, per le regioni e gli enti locali che hanno rispettato il patto di stabilità interno, la disciplina vigente per le spese e per l’assunzione del personale, l’articolo 9 del d.l. 78/2010, fermo restando l’obbligo del recupero delle risorse, non viene ad applicarsi, agli atti di costituzione e di utilizzo dei fondi, per la contrattazione decentrata, adottati anteriormente ai termini di adeguamento prev i s t i dall’articolo 65 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, la disposizione per la quale le clausole sono nulle e debbano essere sostituite (art. 40 comma 3 quinquies d.lgs 165/2001). Un ulteriore limite all’applicazione della norma è rappresentato dal fatto che le illegittimità non abbiano comportato il riconoscimento giudiziale della responsabilità erariale. Occorre, quindi, che non sia stata attivata da parte della Magistratura contabile la procedura di contestazione del danno erariale. Si tratta, in questo caso, di una vera e propria sanatoria in materia di contrattazione decentrata che riguarda gli atti non di costituzione del fondo, il cui ammontare deve essere sempre corretto, ma di attribuzione delle risorse in maniera difforme alle disposizioni normative quali ad esempio l’attribuzione d’indennita non dovute o attribuite oltre i limiti previsti dalla contrattazione nazionale di categoria. Con questa normativa si intende chiudere definitivamente la fase delle illegittimita consentendo agli enti di tutelare le posizioni dei dipendenti che in buona fede hanno lavorato per quanto richiesto e percepito somme che non avrebbero dovuto essere messe a disposizione della contrattazione. In questo modo la norma premia coloro i quali nel corso degli anni passati, hanno costituito correttamente il fondo, nel suo esatto ammontare, ma lo abbiano distribuito in modo non corretto. Chi invece ha erroneamente quantificato il fondo, ma ha distribuito le risorse rispettando la disciplina contrattuale sara costretto a recuperare le somme negli anni successivi, ma non essendo beneficiario della “sanatoria” prevista dal 3° comma, sarà costretto a recuperare le risorse quantificate in eccedenza, ma attribuite correttamente, direttamente nei confronti dei dipendenti. Mentre si discute della corretta applicazione della disciplina normativa, al fine di impedire il blocco di alcuni servizi, è stata emanata la circolare congiunta del Ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, del Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione e del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 12 maggio 2014., relativa alle modalità attuative dell’articolo 4 del D.L. n. 16/2014. La circolare prevede che, al fine di evitare la sospensione dei servizi essenziali, le amministrazioni regionali e locali, con un atto dei propri organi di governo, possono autorizzare l’applicazione dei contratti collettivi decentrati integrativi sui quali pendono il sospetto d’illegittimità, salvo recupero nel caso venga conclamata l’illegittimità. Questa autorizzazione è concessa fino a che non sara costituita e non concluderà i suoi lavori una commissione speciale, istituita presso la Conferenza Unificata tra Stato, regioni ed autonomie locali per fornire chiarimenti sull’applicazione delle previsioni dettate dall’articolo 4 del d.l. 16/2014. In questo modo, temporaneamente, l’applicazione dei contratti potenzialmente illegittimi non determinerà il venir meno di responsabilità amministrativa nei confronti dei dirigenti che procedono all’applicazione del contratto decentrato e non elimina l’obbligo di provvedere al recupero di tali somme nel caso in cui si dimostri l’illegittimità dell’erogazione di tali compensi.

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