I vicini di un impianto rumoroso possono accedere agli atti autorizzativi

Per il Tar Lazio sussiste l'interesse prescritto dall'art.22 della legge n. 241/90.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 13956 del 2014, proposto da:
…, rappresentati e difesi dall’avv. Elisa Sgarilla, con domicilio eletto presso Elisa Sgarilla in Roma, piazza Martiri di Belfiore n. 2;
contro
Unione di Comuni della Bassa Sabina, in persona del legale rappresentante p.t., n.c.;
nei confronti di
…, n.c.;
per la declaratoria
del diritto dei ricorrenti di accedere agli atti richiesti all’Unione di Comuni della Bassa Sabina con l’istanza del 30 settembre 2014, prot. n. 5904, ex d.lgs. 19 agosto 2005, n. 195, e legge n. 241/1990;
nonché per l’accesso di ogni altro atto e documento preordinato, presupposto, consequenziale o comunque connesso all’informazione ambientale;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2015 il Consigliere Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO
I ricorrenti – in qualità di abitanti e/o lavoranti “nelle immediate vicinanze” di un’attività di lavaggio di veicoli, gestita dal sig. …, la quale disturba le occupazioni e il riposo degli stessi – espongono quanto segue:
– di aver già presentato richiesta di accesso in data 7 luglio 2014 all’Unione di Comuni intimata al fine di prendere visione ed estrarre copia di tutti gli atti “inerenti l’autorizzazione dell’impianto di lavaggio” ;
– tale richiesta veniva accolta in data 8 settembre 2014 e, pertanto, venivano a conoscenza che – con nota prot. n. 4684 del 29 luglio 2014 – l’Unione di Comuni della Bassa Sabina aveva disposto nei confronti del controinteressato il “divieto di prosecuzione attività ed inibizione dell’aspirapolvere”;
– avendo, purtroppo, constatato che il divieto era disatteso e l’attività proseguiva, in data 10 settembre 2014 invitavano l’Unione di Comuni a inibire “definitivamente l’attività di lavaggio”;
– preso atto che “nessun intervento inibitorio è stato concretamente adottato …. tanto che l’attività di lavaggio e la lancia” a spruzzo “continuano ad essere in funzione”, con lettera del 30 settembre 2014 richiedevano “di avere accesso agli atti del procedimento di autorizzazione all’attività di lavaggio” in questione, “richiedendo, in particolare, copia degli atti, tutti, successivi a quelli rilasciati in sede di accesso dell’8-9-2014”, senza ricevere riscontro.
Tutto ciò premesso, i ricorrenti chiedono a questo Tribunale di accertare il loro diritto ad accedere agli atti indicati nell’istanza del 30 settembre 2014 e, pertanto, di ordinare all’Unione di Comuni della Bassa Sabina di mettere a disposizione dei predetti “la documentazione richiesta” ex D.Lgs. 19-8-2005 e L. n. 241/1990.
L’Unione di Comuni della Bassa Sabina – ancorché ritualmente evocata in giudizio – non si è costituita.
Alla camera di consiglio dell’11 marzo 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto.
1.1. Nel caso di specie, il Collegio ritiene di poter soprassedere in ordine alla denunciata violazione del d.lgs. n. 195 del 2005 in materia di “accesso all’informazione ambientale” – implicante, tra l’altro, specifiche e autonome valutazioni in ordine alla concreta operatività in casi del tipo di quello in esame delle prescrizioni in esso riportate (specie sotto i profili della corretta configurazione del concetto stesso di “informazione ambientale” e della legittimazione ad agire), dirette precipuamente a salvaguardare “l’ambiente dell’Unione”, a garanzia del diritto “di ogni persona, nelle generazioni presenti e future, a vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere”, così come statuito nella Convenzione di Aarhus, approvata il 25 giugno 1998 e entrata in vigore il 30 ottobre 2001, poi ratificata in Italia con la legge n. 108 del 16 marzo 2001, ma anche a livello di normativa comunitaria, in virtù di quanto riportato nella direttiva 2003/4/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, in attuazione della quale il già citato d.lgs. n. 195 del 2005 risulta essere stato approvato (cfr. Corte Giust. U.E., 13 gennaio 2015, n. 402/12) – in quanto sussistono già i presupposti fissati dalla legge per richiedere ed ottenere l’accesso ai documenti amministrativi ai sensi degli artt. 22 e ss. della legge n. 241/90.
In particolare, si riscontra l’interesse dei ricorrenti “diretto, concreto ed attuale” ad avere accesso agli atti indicati nell’istanza del 30 settembre 2014, inoltrata in medesima data all’Unione di Comuni della Bassa Sabina.
A supporto, si ritiene opportuno ricordare che la legge n. 241 del 1990, nella parte novellata dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 10 della legge 18 giugno 2009, n. 69, conferisce al “diritto” di accesso, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, valore di “principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza” (art. 22, comma 2, nell’attuale formulazione).
Come già osservato in ambito giurisprudenziale, il diritto di accesso vale, dunque, sì a tutelare interessi individuali di ampiezza tale da riscontrare solo il limite della giuridicità ma – nel contempo – è collegato ad una riforma di fondo dell’Amministrazione, ispirata a principi di democrazia partecipativa, della pubblicità e della trasparenza dell’azione amministrativa, la quale costituisce “principio generale” inserito a livello comunitario nel più generale diritto all’informazione dei cittadini rispetto all’organizzazione ed alla attività soggettivamente amministrativa, quale strumento di prevenzione e contrasto sociale ad abusi ed illegalità.
In questo contesto, la nozione di interesse giuridicamente rilevante si configura come il complesso di situazioni soggettive che, più che fornire utilità finali, risultano caratterizzate per il fatto di offrire al titolare dell’interesse poteri di natura procedimentale, volti in senso strumentale alla tutela di altri interessi giuridicamente rilevanti, che vengano a collidere o comunque ad intersecarsi con l’esercizio di pubbliche funzioni e che travalicano la dimensione della tutela processuale di diritti soggettivi o interessi legittimi, la cui azionabilità diretta prescinde dal preventivo esercizio del diritto di accesso, così come l’esercizio del secondo prescinde dalla prima.
In altre parole, la natura strumentale della posizione soggettiva riconosciuta e tutelata dall’ordinamento con la legge n. 241 del 1990 caratterizza marcatamente la strumentalità dell’azione correlata e concentra l’attenzione del legislatore e, quindi, dell’interprete sul regime giuridico concretamente riferibile all’azione, al fine di assicurare, al tempo stesso, la tutela dell’interesse ma anche la certezza dei rapporti amministrativi.
Di qui trae origine – del resto – la qualificazione in termini “astratti” o “acausali” del diritto di accesso, il quale può essere fatto valere senza che l’amministrazione destinataria dell’istanza (o il controinteressato) possa sindacare, nel merito, la fondatezza della pretesa o dell’interesse sostanziale cui quel diritto è correlato e/o strumentalmente collegato (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. IV, 14 aprile 2010, n. 2092; TAR Lazio, Roma, 28 gennaio 2008, n. 594).
Ciò detto, la posizione dei ricorrenti e, in particolare, la loro qualità di abitanti e/o lavoranti “nelle immediate vicinanze dell’attività di lavaggio” del sig. Marocchini Sergio – a cui il ricorso risulta ritualmente notificato in data 13 dicembre 2014 – induce inequivocabilmente a riscontrare una posizione qualificata e differenziata, idonea a comprovare la sussistenza dell’interesse prescritto dall’art. 22 della legge n. 241/90.
In relazione agli atti richiesti emerge, poi, un chiaro collegamento tra la situazione giuridicamente tutelata ed i documenti, ossia è riscontrabile il perseguimento del fine cui è volta la disciplina in materia di diritto di accesso, da identificare con la possibilità dell’interessato di disporre di tutte le difese più opportune per evitare ogni pregiudizio alla propria sfera giuridica, difese che non necessariamente devono tradursi in un’azione giudiziaria (cfr., tra le altre, TAR Puglia, Lecce, 3 maggio 2010, n. 1068; TAR Campania, Salerno, 16 aprile 2010, n. 3927).
2. Conclusivamente, il ricorso va accolto.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate a favore dei ricorrenti in € 500,00, oltre IVA e CPA nei termini di legge.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 13956/2014, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, ordina all’Unione di Comuni della Bassa Sabina di consentire l’accesso ai ricorrenti agli atti e documenti indicati nella richiesta da quest’ultimi inoltrata in data 30 settembre 2014.
Condanna l’Unione di Comuni della Bassa Sabina al pagamento delle spese di giudizio, liquidate a favore dei ricorrenti in € 500,00, oltre IVA e CPA nei termini di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2015 con l’intervento dei Magistrati:
Domenico Lundini, Presidente FF
Solveig Cogliani, Consigliere
Antonella Mangia, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/04/2015

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