Unioni di Comuni

Ecco i numeri e le cause della debacle. Se le norme fossero state rispettate, ora avremmo circa un migliaio di "nuovi" enti locali

image_pdfimage_print

Ecco i numeri e le cause della debacle.

Se le norme fossero state rispettate, ora avremmo circa un migliaio di “nuovi” enti locali, nella forma di Unioni di Comuni o di convenzioni. E questi nuovi enti dovrebbero, al presente, aver già introdotto la gestione associata delle funzioni fondamentali degli oltre 5.600 Comuni con popolazione inferiore a 5mila abitanti. Delle convenzioni si sa poco o nulla, ma i dati di cui si dispone non fanno ritenere che ci sia stata da parte dei Comuni una qualche mobilitazione su questo fronte, anche perché la preferenza del legislatore è andata alle Unioni. Anche queste, però, sono rimaste al palo. Questi i numeri: dal 2011 le Unioni “vive” sono stabilmente circa 400. Tra di esse ve ne sono molte (circa il 25%) che hanno una operatività prossima allo zero; diventa perciò necessario un criterio per decidere se un’Unione significhi qualcosa di associato.

L’indagine
Il criterio scelto dall’indagine effettuata da «La posta del sindaco», un centro di raccolta ed elaborazione di materiali informativi utili sulla realtà delle dinamiche della cosiddetta intercomunalità. è quello del livello delle entrate finanziarie annue: sono state prese in esame le Unioni che, negli anni esaminati, abbiano avuto entrate per almeno 100mila euro. Per avere un’idea del volume minimo di entrate correnti di una Unione pienamente operativa basta far riferimento al bilancio medio dei Comuni con popolazione sotto i 5mila abitanti, che supera gli otto milioni di euro. Definita la soglia di ammissibilità, le Unioni censite sono 306 nel 2012; 299 nel 2013 e, al 31/12/2014, 309. Questi numeri rappresentano i saldi, per così dire, di una movimentazione anagrafica che ha visto, nel triennio, Unioni cessare di esistere ed altre subentrare: in particolar modo nel 2013 e nel 2014 le nuove Unioni in buona misura sono ex Comunità Montane.

La presenza dei Comuni
E i Comuni? Quanti Comuni aderiscono a queste Unioni? I Comuni che hanno trasferito alle Unioni di appartenenza risorse superiori ai 3 euro per abitante sono, nel 2014, 1.440 in tutto, di cui 1.089 di piccola dimensione demografica (nel 2013 erano, rispettivamente, 1.396 e 1.063; nel 2012, 1.351 e 1.044). L’insieme di questi Comuni danno vita a Unioni per lo più di scarsa consistenza operativa e finanziaria: le Unioni che superano i cinque milioni/anno di entrate correnti totali (ben al di sotto del bilancio medio di un piccolo Comune) sono 33 nel 2012, 36 nel 2013, 35 nel 2014. Le Unioni più robuste (con più di 10 milioni di Euro di budget corrente gestito) sono in gran parte in Emilia Romagna. In esse un ruolo determinante viene svolto da Comuni tutt’altro che piccoli.

Le cause
La situazione è tale da far dire a Piero Fassino che la legge Delrio, che prende il nome da suo predecessore alla guida dell’Anci, «non è adeguata, è farraginosa e poco incentivante. E questo spiega perché il numero delle Unioni costituite è ancora limitato». Può bastare per spiegare la non piccola dèbacle? Le ragioni sono diverse, alcune note, altre più oscure e nascoste. Tra queste si possono indicare:
• confusione e disinformazione su obiettivi compatibili da assegnare alle Unioni (non è vero che con le Unioni si risparmia, almeno nel breve/medio periodo);
• definizione puramente “politica” dei limiti demografici minimi compatibili (per ottenere effettive economie di scala tutti gli addetti parlano di aggregazioni di almeno 50-60.000 abitanti);
• difformità enormi interne al mondo dei piccoli Comuni (2.500 di questi rappresentano la cintura naturale di centro urbani di media grande dimensione, di cui rappresentano spesso una sorta di periferia: che senso ha per essi l’obbligo di associarsi? Una grande differenza di comportamenti e di vincoli separa i piccolissimi Comuni – sotto i 2.000 abitanti – da quelli con una popolazione di 2.000-5.000 abitanti; etc..);
• il ritenere (per il passato ed anche per il futuro) che gli incentivi finanziari fossero necessari e, soprattutto, decisivi per convertire i piccoli Comuni al credo associativo; si è alimentato, con finanziamenti senza controlli e senza obiettivi, un atteggiamento opportunistico nei Comuni, senza alcun reale investimento in modelli di cooperazione solidi e sostenibili;
• il convincimento, in molti amministratori di piccoli Comuni, di rappresentare la parte migliore del governo locale, ed alcuni indicatori dei loro bilanci (residui attivi e passivi) danno loro ragione; e dunque di non meritare in alcun modo la “sanzione” dell’associazionismo forzoso;
• una confusa ma tenace opposizione alla legge da parte di molti ambienti politico-istituzionali, a partire da non poche Regioni.

Le contromisure
Dalla situazione che è venuta a crearsi non si esce con l’ennesimo rinvio. È necessario ripensare alla radice la natura dei problemi che si intende fronteggiare e le soluzioni compatibili con questo obiettivo. Va superato l’obbligo per i piccoli Comuni di associarsi per sostituirlo per sostituirlo con politiche innovative di incentivazione della cooperazione intercomunale: vanno individuate a partire dalla conoscenza della domanda, soprattutto di quella inespressa, di servizi. Al riguardo le Ict, la revisione dei processi amministrativi e la creazione di centri di assistenza tecnico-amministrativa a sostegno dell’operatività dei piccoli Comuni, da realizzarsi anche con il concorso attivo di privati, possono rappresentare punti di partenza per esplorare le possibili alternative all’approccio sin qui seguito. Intanto si può – e si deve – produrre conoscenza sulla realtà dei piccoli Comuni e delle loro esperienze associative.

Analisi Unione di Comuni

Link all’articolo

RelatedPost

Share This Post

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>