Le giunte calabresi sciolte (per mancanza di donne)

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Sembra una questione di numeri e invece si tratta di sostanza. Dice la legge Delrio: nei Comuni con più di 3.000 residenti non si può nominare una giunta che non contenga almeno il 40% di presenze femminili. Rappresentanza da garantire anche nei Comuni più piccoli ma senza un obbligo percentuale preciso. Peccato che spesso, un po’ ovunque, i sindaci facciano finta di niente e tirino dritti verso giunte squilibrate, diciamo così, se non completamente maschili.

«La formuletta per spiegare di aver violato la legge di solito è: le ho cercate ma non le ho trovate» sintetizza Stella Ciarletta, consigliera regionale di parità in Calabria. Che aggiunge: «Stavolta gli è andata male».

È «andata male» ai Comuni di Rombiolo, nel Vibonese, e a Montalto Uffugo, Torano Castello e Vaccarizzo Albanese, nel Cosentino. Perché il Tar Calabria, con le sue prime sentenze del 2015, ha deciso di azzerare le quattro giunte per la mancata osservanza delle norme sulle pari opportunità.

Non c’è stata nessuna adeguata istruttoria per dimostrare che non è stato possibile trovare donne alle quali affidare gli assessorati, dicono in sostanza i giudici. Dove per «adeguata istruttoria» si intende non il semplice rifiuto di questa o quella cittadina alla quale era stato proposto l’incarico. Istruttoria: cioè ricerca seria e approfondita, anche fuori dalla lista degli eletti e, se proprio è necessario, perfino fuori dai confini comunali, sempre nel rispetto degli orientamenti politici. Soltanto dopo tutti questi tentativi andati a vuoto si può rinunciare alla presenza femminile.

Le sentenze del Tar calabrese sono una buona notizia. Ma come sempre ce n’è anche una cattiva. Su 149 Comuni che hanno votato per le amministrative ce ne sono più o meno la metà, quasi tutti sotto i 3.000 abitanti, che hanno giunte di soli uomini. «La verità?» chiede la consigliera Ciarletta. «Non avevamo soldi per portare tutti al Tar»

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