Cosa sono i “Soggetti Aggregatori”? Come si aggrega la domanda pubblica di lavori, servizi e forniture?

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L’attuazione dei nuovi obblighi per la centralizzazione degli approvvigionamenti di lavori, servizi e forniture: come aggregare la domanda pubblica?
Come ormai noto, l’articolo 9 del decreto legge n. 66 del 2014, convertito, con modificazioni, con legge 23 giugno 2014, n. 89, ha introdotto la nuova figura dei “soggetti aggregatori” per l’acquisizione di beni e servizi[i].
Più in particolare, le nuove disposizioni prevedono che faranno parte dell’Elenco dei soggetti aggregatori, in primis, CONSIP ed una centrale di committenza per ciascuna regione “qualora costituita ai sensi dell’articolo 1, comma 455, della legge 27 dicembre 2006, n. 296”[ii].
Le nuove disposizioni prevedono, tuttavia, che anche altri soggetti – diversi da CONSIP e dalle centrali regionali – potranno richiedere all’Autorità Nazionale Anticorruzione[iii] l’iscrizione all’Elenco nazionale dei soggetti aggregatori, potendo così partecipare alle attività del Tavolo dei soggetti aggregatori[iv] e potendo attingere al Fondo per l’aggregazione degli acquisti di beni e di servizi[v].
Le disposizioni appena richiamate vanno ad inserirsi all’interno di un sistema normativo – quello relativo alla committenza pubblica di lavori, servizi e forniture – sul quale il legislatore è ripetutamente intervenuto, anche di recente, senza tuttavia che le fattispecie via via introdotte siano state coordinate rispetto alle norme emanate in precedenza: basti pensare al mancato raccordo delle nuove disposizioni contenute nel decreto legge n. 66 del 2014 rispetto a quanto già previsto all’articolo 33 del codice dei contratti sul tema delle centrali di committenza di derivazione comunitaria.
Proprio tale disorganicità negli interventi normativi aggrava il quotidiano disorientamento delle amministrazioni pubbliche, chiamate ad attuare i nuovi obblighi di aggregazione senza poter comprendere con chiarezza – non per loro demerito – quali siano, ad oggi, gli attori del sistema e quali siano le funzioni affidate a ciascuno di essi.
E se tale disorientamento colpisce gli operatori pubblici del settore degli appalti, istituzionalmente chiamati ad attuare le nuove norme, si pensi a quale potente fattore di decrescita può derivare da tale confusione normativa anche a carico degli operatori economici, ovverosia a carico delle imprese e, più in generale, del mondo del lavoro che ruota attorno all’affidamento degli appalti pubblici.
In questo difficile quadro d’insieme, l’obiettivo del presente contributo è quello di tentare di “porre ordine”, schematicamente, tra le diverse fattispecie giuridico-soggettive che oggi popolano il mondo della domanda pubblica.
Per quanto concerne, segnatamente, la nuova figura dei soggetti aggregatori, l’articolo 9, comma 2 del decreto legge 66 del 2014 prevede che, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da adottare previa intesa con la Conferenza unificata, debbono essere definiti i requisiti per l’iscrizione all’interno del correlativo Elenco nazionale: tra tali requisiti, la norma cita espressamente il carattere di stabilità dell’attività di centralizzazione, nonché valori di spesa ritenuti significativi per le acquisizioni di beni e di servizi, con riferimento ad ambiti, anche territoriali, da ritenersi ottimali ai fini dell’aggregazione e della centralizzazione della domanda[vi].
Oltre a ciò, il medesimo articolo 9 prevede, ancora al comma 2, che, con ulteriore decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare previa intesa con la Conferenza unificata, debba essere istituito il Tavolo tecnico dei soggetti aggregatori, e ne siano stabiliti i compiti, le attività e le modalità operative.
Come accennato, l’iscrizione all’interno dell’Elenco nazionale dei soggetti aggregatori ed il far parte del predetto Tavolo reca con sé la possibilità di accedere ai finanziamenti messi a disposizione nell’ambito del Fondo per l’aggregazione degli acquisti; in considerazione della prevedibile limitazione delle risorse, il numero massimo dei soggetti aggregatori è stato fissato in un massimo di trentacinque soggetti[vii], e di tale numero potranno far parte:
– CONSIP;
– una centrale di committenza per ciascuna regione;
– altri soggetti aggregatori che procedano all’affidamento di appalti dedicati ai comuni del proprio territorio, e che richiedano ed ottengano l’apposita iscrizione in Elenco.
A tale ultimo proposito, la Conferenza delle regioni ha tuttavia segnalato, con forza, il rischio del coinvolgimento di soggetti privati tra gli “altri soggetti aggregatori”: le regioni hanno infatti posto in luce, con preoccupazione, la concreta possibilità di ammettere nell’elenco degli aggregatori anche soggetti aventi governance e finalità di tipo privatistiche e lucrative, che – tenuto conto della lacuna normativa contenuta nel decreto legge n. 66 del 2014 – potrebbero teoricamente candidarsi a svolgere l’attività di centrali di committenza per le amministrazioni pubbliche[viii].
Ma qual è, esattamente, il compito assegnato ai soggetti aggregatori?
A tale proposito, l’articolo 9, comma 3, del decreto legge 66 del 2014 prevede che entro il 31 dicembre di ogni anno, sulla base delle analisi del Tavolo dei soggetti aggregatori, dovranno essere individuate alcune categorie di beni e di servizi (nonché le relative soglie) in relazione alle quali le amministrazioni statali centrali e periferiche[ix] nonché le regioni, gli enti regionali, i loro consorzi e associazioni, e gli enti del servizio sanitario nazionale, debbono necessariamente ricorrere a CONSIP oppure agli altri soggetti aggregatori operanti sul rispettivo territorio di riferimento, e ciò ai fini dello svolgimento delle relative procedure.
Dalla lettura delle predette disposizioni emerge, dunque, che i soggetti aggregatori non sono chiamati a sostituire in toto le precedenti stazioni appaltanti, né sono chiamati, almeno in linea teorica, a prendere radicalmente il posto delle centrali regionali già costituite, ma dovranno piuttosto svolgere alcune procedure – anno per anno individuate dal Tavolo dei soggetti aggregatori, anche in relazione alle soglie di importo – da indire per l’acquisizione dei beni e dei servizi destinati alle amministrazioni statali centrali e periferiche nonché alle regioni, agli enti regionali, nonché loro consorzi e associazioni, ed agli enti del servizio sanitario nazionale.
A ben vedere, dunque, i soggetti aggregatori non dovranno indire tutte le procedure per l’acquisizione di tutti i beni e servizi acquisibili sul territorio regionale, ma dovranno indire soltanto le “maxi-procedure” necessarie per l’acquisizione di quei beni e di quei servizi che rientrino nelle categorie – e nelle soglie – individuate al Tavolo nazionale.
È poi utile notare che, laddove si parla di indizione di procedure, la norma del decreto legge n. 66 del 2014 non fa riferimento esplicito ed esclusivo all’affidamento di convenzioni ex articolo 26 della legge n. 488 del 1999, ma si riferisce, più in generale, allo svolgimento di procedure, lasciando così aperta la scelta della procedura ottimale, tenuto conto delle caratteristiche dei beni e dei servizi da acquisire.
Certo è che, per le categorie di beni e servizi individuate dal Tavolo dei soggetti aggregatori, non sarà consentita l’indizione di autonome procedure da parte delle amministrazioni statali centrali e periferiche nonché delle regioni, degli enti regionali, nonché loro consorzi e associazioni, e degli enti del servizio sanitario nazionale. Con la conseguenza che, dopo l’individuazione di tali categorie – recte: dopo l’affidamento delle relative gare – l’ANAC non rilascerà più il CIG alle stazioni appaltanti che, in violazione dei predetti adempimenti, non abbiano fatto ricorso a CONSIP o ad altro soggetto aggregatore.
Ma un soggetto aggregatore regionale equivale ad una sola centrale di committenza regionale?
Come accennato, l’articolo 9 del decreto legge 66 prevede, al comma 5, che entro il prossimo 31 dicembre 2014 le regioni debbono individuare un proprio soggetto aggregatore.
La storia dell’istituzione di soggetti regionali deputati all’aggregazione della domanda, tuttavia, ha avuto inizio già da qualche anno, con il tentativo di avvio del c.d. “sistema a rete” previsto dalla legge finanziaria del 2007[x].
In alcuni casi, in ambito regionale è stata pertanto istituita una centrale di committenza unica sia per la spesa “comune”, sia per altre tipologie di spesa quale, ad es., la spesa sanitaria: si pensi a quanto disposto, a tale proposito, con la legge regionale Puglia 1 agosto 2014, n. 37.
In altri casi, è stata invece disposta la creazione di diverse centrali di committenza, specializzate, ad es., nella spesa sanitaria oppure negli appalti dell’Information and Communication Technology: con legge regionale Umbria 29 aprile 2014, n. 9, ad esempio, è stata prevista sia la costituzione della società consortile Umbria Digitale, che svolge le funzioni di centrale regionale di acquisto per l’ICT, sia l’individuazione della società consortile Umbria Salute, che svolge le funzioni di centrale regionale di acquisto per la sanità.
Sarebbe stato utile, pertanto, che le nuove norme contenute nel decreto legge n. 66 del 2014, tenendo conto della “storia istituzionale” venutasi a maturare in forza delle precedenti disposizioni nazionali – ed in coerenza con quanto disposto all’articolo 4 del codice dei contratti pubblici, che riserva al livello regionale i profili di organizzazione amministrativa – avessero previsto espressamente che il soggetto aggregatore individuato da ciascuna regione possa operare anche attraverso un’organizzazione ulteriormente e funzionalmente articolata. Proprio in relazione a ciò, la Conferenza delle regioni ha quindi sollecitato l’adozione di un provvedimento normativo in forza del quale “il soggetto aggregatore individuato da ciascuna regione ai sensi dell’articolo 9, comma 1, del decreto legge n. 66 del 2014 può operare anche attraverso un’organizzazione ulteriormente e funzionalmente articolata”[xi].
Si è appena notato che le amministrazioni statali, centrali e periferiche, nonché le regioni, gli enti regionali, i loro consorzi e associazioni, gli enti del servizio sanitario nazionale debbono ricorrere, in via esclusiva, a CONSIP o agli altri soggetti aggregatori di cui all’articolo 9 del decreto legge n. 66 del 2014, ai fini dello svolgimento delle procedure per l’acquisizione dei beni e dei servizi specificamente individuati secondo le modalità, le categorie e le soglie di cui al medesimo articolo 9, comma 3.
Tenendo conto dell’evoluzione normativa dell’aggregazione della domanda pubblica – le cui norme, peraltro, non sono state abrogate dal recente decreto legge n. 66 del 2014 – sarebbe stato utile ribadire che, per i beni ed i servizi, diversi da quelli rientranti nell’area “esclusiva” assegnata ai nuovi soggetti aggregatori, sussiste ancora la legittima facoltà, per le centrali di committenza regionali, di procedere:
– all’affidamento di convenzioni-quadro[xii];
– all’istituzione di strumenti di mercato elettronico, per gli acquisti di beni e servizi di importi inferiori alle soglie di rilievo comunitario[xiii];
– all’attivazione di strumenti innovativi di acquisto quali, ad es., il sistema dinamico di acquisizione[xiv].
All’interno delle nuove norme, inoltre – proprio al fine di rendere più armonico il contesto normativo – sarebbe stato opportuno richiamare anche le funzioni di stazione unica appaltante previste all’articolo 13 della legge 13 agosto 2010, n. 136, integrando esplicitamente, all’interno del complessivo sistema degli appalti pubblici, anche la figura delle S.U.A. introdotte dal Piano straordinario contro le mafie.
Ed ancora, in tale contesto, all’interno delle nuove norme di cui al decreto legge n. 66 del 2014, sarebbe stato opportuno chiarire esplicitamente la persistente facoltà, per le singole stazioni appaltanti – ad eccezione dei comuni non capoluogo di provincia, e fermo restando quanto già notato relativamente all’area “esclusiva” assegnata ai soggetti aggregatori – di indire procedure autonome per l’acquisizione di beni e servizi, previa verifica della necessità:
– di tenere conto dei parametri di benchmarking individuati con le convenzioni quadro stipulate da CONSIP o dalle centrali di committenza regionali;
– di rispettare quanto disposto all’articolo 1, comma 7 del decreto legge n. 95 del 2012[xv];
– di tenere conto dei prezzi di riferimento individuati da ANAC[xvi];
– di procedere alle acquisizioni mediante accesso al mercato elettronico, in caso di acquisti di beni e servizi per importi inferiori alle soglie di rilievo comunitario[xvii].
In tale complesso e complicato panorama normativo, organizzativo e funzionale, sarebbe stato importante sistematizzare anche il quadro che disciplina l’acquisizione di beni e servizi e l’affidamento degli appalti di lavori per i comuni non capoluogo di provincia.
Sarebbe stato utile chiarire, in particolare, che, in subordine al ricorso alle unioni già disciplinate dal testo unico degli enti locali[xviii], i comuni non capoluogo possono procedere alla sottoscrizione di una convenzione (senza procedere all’istituzione di un nuovo consorzio di funzioni) ai sensi dell’articolo 30 del medesimo testo unico, fermo restando che l’articolo 33, comma 3-bis del codice dei contratti pubblici prevede che, in alternativa, i medesimi comuni possono acquisire beni e servizi attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da CONSIP o da altro soggetto aggregatore di riferimento.
Sarebbe stato poi importante riconoscere, esplicitamente, la possibilità, per i soggetti aggregatori, di procedere anche all’affidamento di lavori per gli enti locali del proprio territorio: a tali fini, sarebbe stato opportuno prevedere la necessità della stipula di un’apposita convenzione – in analogia agli accordi già oggi richiamati all’articolo 33, comma 3-bis del codice dei contratti pubblici – per consentire ai soggetti aggregatori di programmare adeguatamente le proprie attività e poter così rispondere efficientemente alla domanda proveniente dalle amministrazioni del proprio territorio. Peraltro, l’esplicita previsione della possibilità, per i soggetti aggregatori, di affidare anche appalti di lavori sarebbe stata oltremodo utile, considerato che, attualmente, l’articolo 9 del decreto legge n. 66 del 2014 fa espresso riferimento soltanto a servizi e forniture, e ciò in possibile contraddizione con il già richiamato articolo 33, comma 3-bis del codice.
Ed ancora, sarebbe stato importante specificare che le acquisizioni di beni e servizi da parte delle centrali di committenza comunali debba comunque avvenire nel rispetto dei vincoli normativi previsti, in via generale, dall’ordinamento giuridico per l’affidamento di tali tipologie di appalti. Sarebbe stato utile chiarire, in particolare, che le centrali comunali possono procedere all’acquisizione dei beni e dei servizi, purché ciò avvenga nel rispetto:
– di quanto previsto all’articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, che ha introdotto lo strumento delle convenzioni-quadro affidate dalle centrali di committenza;
– di quanto disposto all’articolo 1, comma 7 del decreto legge n. 95 del 2012;
– dei prezzi di riferimento individuati da ANAC, secondo quanto previsto all’articolo 9, comma 7, del decreto-legge n. 66 del 2014;
– di quanto previsto all’articolo 1, comma 450, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che ha introdotto l’obbligo generalizzato di comprare sul mercato elettronico della pubblica amministrazione.
Va infine notato che i comuni capoluogo di provincia non sono tra i soggetti esplicitamente richiamati tra gli enti destinatari dei beni e dei servizi acquisiti da parte dei soggetti aggregatori, con la conseguenza che essi possono indire procedure di gara autonome, fermo restando il necessario rispetto:
– di quanto previsto all’articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, che ha introdotto lo strumento delle convenzioni-quadro affidate dalle centrali di committenza;
– di quanto disposto all’articolo 1, comma 7 del decreto legge n. 95 del 2012;
– dei prezzi di riferimento individuati da ANAC, secondo quanto previsto all’articolo 9, comma 7, del decreto-legge n. 66 del 2014;
– di quanto previsto all’articolo 1, comma 450, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che ha introdotto l’obbligo generalizzato di comprare sul mercato elettronico della pubblica amministrazione.
°*°
Un legislatore immemore del proprio passato difficilmente può essere in grado di trovare soluzioni solide per il futuro, che abbiano effetti positivi, a lungo termine, sull’aggregazione della domanda. Solo partendo dall’analisi degli strumenti già editi – tenendo in debita considerazione la recente “storia istituzionale” del nostro Paese –sarebbe stato possibile, infatti, creare soggetti dotati di poteri nuovi e più penetranti.
Certamente l’aver inserito ex abrupto un soggetto nuovo ed inedito, scollegato da ogni parametro già consolidato in tema di appalti pubblici comporta, inevitabilmente, la necessità per gli operatori del settore di “assimilare” tale nuova figura ed inserirla in un sistema che sia, se non armonico, almeno in qualche modo coerente.
L’assenza di coerenza nell’attuale sistema emerge, invero, sotto molteplici aspetti: basti pensare alla mancata previsione dei comuni capoluogo di provincia sia tra i soggetti sottoposti agli aggregatori, sia tra i soggetti obbligati ad aderire alle centrali comunali. Altri elementi di possibile incoerenza emergono laddove si vieta, attualmente, ai soli comuni non capoluogo con popolazione fino a 10.000 abitanti, di procedere ad affidamenti diretti in economia[xix], mentre la norma generale contenuta all’articolo 125, commi 8 e 11 del codice dei contratti pubblici, e la relativa soglia di 40.000 euro, sono tutt’oggi in vigore con efficacia, apparentemente, illimitata.
Ed ancora, a fini di una maggior coerenza, non tanto formale e normativa, ma piuttosto sostanziale e funzionale, sarebbe stato importante prevedere una decorrenza unica per l’entrata in vigore dei nuovi obblighi di aggregazione, ovverosia una decorrenza unificata che riguardasse tutti gli appalti, siano essi di lavori, o di servizi e di forniture[xx]: l’introduzione di decorrenze differenziate, al contrario, costituisce un ennesimo fattore di frammentazione e di disarmonicità e si risolve, di fatto, in un nuovo ostacolo nel percorso che i comuni devono faticosamente compiere per aggregare, efficacemente, la domanda pubblica.
NOTE:
[i] Relazione al Convegno “I contratti pubblici in Piemonte – Presentazione del X Rapporto Informativo”, organizzato a Torino il 13 novembre 2014 dalla Regione Piemonte (Direzione Opere Pubbliche, difesa del suolo, economia montana e foreste – Settore Tecnico Opere Pubbliche). La presente Relazione è stata pubblicata, il 7 novembre 2014, dalla Rivista online “Appalti e contratti”, Maggioli Editore.
[ii] Articolo 9 (Acquisizione di beni e servizi attraverso soggetti aggregatori e prezzi di riferimento), comma 1, decreto legge n. 66 del 2014.
[iii] Articolo 3 dello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che definisce i requisiti per l’iscrizione nell’Elenco dei soggetti aggregatori. A tale proposito, si veda il Documento approvato dalla Conferenza delle regioni il 16 ottobre 2014, consultabile in www.regioni.it , con il quale è stato espresso parere favorevole all’intesa sul predetto schema di decreto.
[iv] Articolo 9, comma 2, decreto legge n. 66 del 2014.
[v] Articolo 9, comma 9, decreto legge n. 66 del 2014.
[vi] Documento approvato dalla Conferenza delle regioni il 16 ottobre 2014 cit.
[vii] Articolo 9, comma 5, decreto legge n. 66 del 2014.
[viii] Documento della Conferenza delle regioni del 16 ottobre 2014 cit.
[ix] Ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie: articolo 9, comma 3 del decreto legge n. 66 del 2014.
[x] Si veda, in particolare, l’articolo 1, commi 455, 456 e 457 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
[xi] Documento della Conferenza delle regioni del 16 ottobre 2014 cit.
[xii] Articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488.
[xiii] Nel rispetto di quanto previsto all’articolo 328 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207.
[xiv] Articolo 60 decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.
[xv] In cui si prevedono specifici vincoli per le acquisizioni relative alle seguenti categorie merceologiche: energia elettrica, gas, carburanti rete e carburanti extra-rete, combustibili per riscaldamento, telefonia fissa e telefonia mobile.
[xvi] Secondo quanto previsto all’articolo 9, comma 7, decreto legge n. 66 del 2014.
[xvii] Nel rispetto di quanto previsto all’articolo 1, comma 450, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in combinato disposto con il già citato articolo 328 del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010.
[xviii] Articolo 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
[xix] Ai sensi dell’articolo 23-ter, comma 1 della legge 11 agosto 2014, n. 114, l’articolo 33, comma 3-bis del codice dei contratti pubblici si applica:
– per servizi e forniture: per le gare bandite dal 1° gennaio 2015;
– per i lavori: per le gare bandite dal 1° luglio 2015.
[xx] Ai sensi del comma 3 del citato articolo 23-ter della legge n. 114 del 2014, soltanto i comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti possono procedere autonomamente per gli acquisti di beni, servizi e lavori di valore inferiore a 40.000 euro.

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